IDENTIKART - Conclusioni

Franco Alquati comincia a dipingere negli anni Quaranta. Coinvolto nella tragedia della guerra lo vediamo nel 1945 in Africa Settentrionale (Algeria) partecipare ad una prima rassegna d'arte, avventurosamente organizzata fra artisti prigionieri di guerra. Vi conseguirà un primo premio di altissimo valore umano, illustrando una lirica a quel tempo certamente emblematica per l'uomo e per il futuro artista: "Mi illumino d'immenso" (Ungaretti). Nel 1948 è alla Casa del Popolo di Como con un gruppo di giovanissimi che, sotto la guida di Mario Radice, organizzano una mostra patrocinata dalla Y.M.C.A. . Sarà il suo secondo premio. L'opera è un B/N, "La morte di Eurialo". Nel disagio di quegli anni di affannosa ricostruzione, l'artista dopo essersi accostato a gruppi diversi, si ritrae nel primo di quei lunghi periodi di solitario lavoro e di silenzio in cui ama rivedersi per consolidare le emozioni più intime. Partecipa a collettive di diversa importanza fino alla Nazionale di arte sacra dell'Angelicum, dove una sua "Crocifissione in rosso " ben figura fra un Carrà ed un Ferruccio Ferrazzi.Nel 1955 ottiene un premio alla Nazionale del disegno e dell'incisione, durante le celebrazioni manzoniane. E' proprio in questo momento che Alquati si allontana dalle manifestazioni d'arte fin quasi a lasciar l'impressione di una totale rinuncia. Si butta nelle esperienze più disparate, dedicando sempre più tempo alla grafica ed affinando l'impaginazione delle opere ed il gusto della costruzione di classica rigorosità. In questo periodo lavora anche per la scuola di arazzeria di Esino, portando a termine il cartone per l'arazzo "Sintesi di Lecco". Fa della ceramica, della xilografia e lavora in tipografia, dove si fa rapire dal gusto della moltiplicazione dell'immagine. Corsa l'avventura rapida di un astrattismo naturalistico, componendo paesaggi-invenzione di un intenso razionalismo lirico, in un centinaio di tavole si rivolge alla pratica della pubblicità e della pubblicistica. Colpito da una recrudescenza di una malattia contratta durante la prigionia, ritorna al silenzio e all'operosità dello studio. Ripreso dal figurativismo, dopo le puntate sperimentali delle diverse avanguardie, ritorna anche l'attività delle mostre personali e collettive. Rifacendoci alle parole di Moravia, ci sembra quindi di poter dire che se l'analogia strumentalmente sottintesa fra Alquati e quei grandi artisti della cultura contemporanea è possibile solo nel senso della comune tendenza alla ricerca, è certamente possibile dichiarare che se quei grandi volevano darci più dirci qualcosa, indubitabilmente Alquati vuole dirci molto più di quanto non osa darci.



Questi continui rifiuti all'azione pubblica, alla mondanità, costituiscono il segno emblematico in cui, letta la stanchezza della dissacrazione ormai esaurita, si prefigura quel recupero contenutistico necessario per la soluzione di quell'angoscia esistenziale da troppo tempo cristallizzata nell'incomunicabilità. Alquati, come altri giovani artisti contemporanei, vuol dirci che si può fare autentica arte comunicando all'uomo con la lingua dell'uomo. Se è difficile e prematura una collocazione estetica precisa di Alquati, è tuttavia evidente l'autenticità della sua vocazione artistica e della sua indiscutibile sensibilità umana. In un incontro con l'artista si è potuto vedere l'embrione di ancora nuove formazioni che, dopo l'abbandono di certe prolissità discorsive, annunciano nella mediazione del sego la nascita di più intimi valori poetici, espressi nella pulitezza di una grafia essenziale e di un colore vibrante. Alquati, pazientemente e costantemente, ci riporta a quel neo umanesimo in cui si prefigura la situazione desiderata da molta parte della migliore giovane arte contemporanea, tesa al ritrovamento, dopo i bagliori, delle esplosioni.



Per integrare gli elementi di conoscenza del nostro autore offriamo due estratti da lettere di altrettanti uomini di cultura del nostro tempo, indirizzate allo stesso.

L. Landi - Scrittore fiorentino.

Carissimo Franco, ti riconosco nella tua lettera: il bravo artista, lo spirito sofferente ed inappagato di ogni ricerca e di ogni conquista nuova, l'uomo tuffato in contraddizioni proprie dell'uomo ma che avverti con sensibilità scoperta e personale [...] E vorrei dirti parole utili veramente, perchè tu sei di quelli che afferrano l'infinitesimale; ma indagare vale trovare ?

G. Ghiringhelli - 7 Dicembre 1951 indirizzata al pittore Arcangelo Rosso *

... Lei gioca con le parole per coprire un temperamento particolare a difesa della sua sensibilità. Che dire dei suoi lavori? Difficile e presuntuoso per me esprimere un giudizio. E chi potrebbe? Della profondità e verità dei suoi sentimenti e di come Ella è trascinato nel vortice dell'arte solo Lei può sapere e solo Lei può giudicare. E cioè se si sente di giocare le sue energie tutte per l'arte, tutto per tutto, badi che l'arte è gelosa.

*F. Alquati non disse mai a Ghiringhielli di averlo avvicinato dietro lo scudo di quel pseudonimo che gli è anche servito per firmare un centinaio di opere realizzate attorno agli anni 1948-52, quasi tutte distrutte e disperse tra pochi raccoglitori. G. Ghiringhielli dirigeva nel 1951 la galleria "Il Milione". Nello stesso periodo Alquati dava vita ad una serie di monotipie policromate, operando uno dei primi divertimenti decorativi, usando un nuovo pseudonimo Hans Karlendt. Alcuni soggetti raffiguranti scorci paesaggistici ed animali costruiti fantasticamente venivano riprodotti dalla Editrice Vela di Milano su cartoncini augurali che ebbero discreto successo. Fra le invenzioni e i divertissements che ogni tanto vedono il nostro autore impegnato con inesplicabile puntiglio ricordiamo: i collages del CASO COLEMANN e gli studi per la STORIA DELLA COLONNA INFAME, composta da monumentali Kine (70 x 100) rimasta incompleta.



Alcuni giudizi critici della stampa

[...] Il panorama artistico che ci offre questo pittore cremonese è un po' insolito, diverso da quelli che incontriamo di consueto nelle nostre mostre. La pittura dell'artista muove da un impulso vivo e palpitante e si stende su di un piano fortemente cromatico. Una spontanea ricchezza di colore dà luce alle invenzioni e a tutti gli elementi chiamati a comporre visioni suggestive [...]. Dalle architetture accese da un cromatismo intenso, contenute in un mondo fantastico, egli giunge al racconto ove una bicicletta abbandonata diventa personaggio. Personaggio della solitudine o motivo di dramma. Il discorso di Alquati è chiaro, non assume atteggiamenti morbosi, non sale a problemi complessi, ma viene svolto sul filo di una riflessione profonda e di una costante meditazione. -Da VITA CATTOLICA di Cremona - Piero Riccardi

Fra i giovani artisti ci pare che Alquati senta maggiormente l'ansia di ricondurre l'arte verso la grande massa popolare che costituisce il centro della società. Il nostro artista ha già provate le gioie e le amarezze delle grandi mostre nazionali. Ha conosciuto quel sapore di gloria incipiente che talvolta corrompe e contamina il puro spirito di ricerca, abbandonato per il facile applauso degli pseudo competenti incensatori d'ogni borghese astruseria fatta più di malafede che d'arte vera... [...]. Vuol parlare con le sue opere agli umili che, sono sue parole, racchiudono in loro la scienza della comprensione ed il naturale dono dell'intuizione artistica. I quadri di questo pittore, nella loro facilità costruttiva e nella semplicità della proposizione coloristica, inverano la suggestione dell'ambiente dove l'uomo vive la sua lotta tormentosa. Dignità di autentica arte, rispetto dei valori inscindibili del rapporto arte-uomo.
- Da LA VOCE di LECCO - E.M

Alquati ci offre una pittura dove un acceso ed estroso colorismo raggiunge effetti d'una fantasia lirica che dimostrano in lui un gusto sicuro ed una ricerca espressiva molto interessanti.
- Da CORRIERE DELLA PROVINCIA di Como - Morando Morandini

[...] Franco Alquati cerca di risolvere pittoricamente il problema della coesistenza dell'armonizzazione dei contrasti stridenti fra la nostra strutturazione e la strutturazione cosmica... Alquati, anima tormentata ed angosciata, ci indica quale sia per lui la via da battere: quella di un ritorno ad una primitività, ad uno stato di purezza nel quale sia concentrata la somma dei cromosomi delle diverse civiltà. [...] Le figure di F. Alquati sono sepre scisse e statiche (cioè l'uomo di fronte a se stesso) e non poteva essere altrimenti dopo quanto appena detto. Le sue figure esprimono il dramma dell'uomo-artista di fronte al problema dell'ignoto e di un possibile adattamento in un mondo nuovo e tridimensionale.
- Da LA NAZIONE di Firenze - C.B. Cini. 

Franco Alquati: un temperamento che è destinato ad offrirci grandi sorprese.
- Dalla rivista GLAUCO di Novara - Alfio Coccia.

I suoi quadri mi fanno pensare a grandi composizioni sinfoniche.
- Spartaco Balestrieri - Milano. 

[...] Uomo ed artista non facili. Nè di facile lettura, anche se dense di forza espressiva ci sono apparse le sue ricerche formali. Le componenti della personalità dell'artista sono le stesse si quando si estrinseca nell'esplosione dei colori degli oli, sia quando si lascia andare al leggerissimo e sinuoso intrico di linee dei disegni. Paesaggi, figure e cose sono sostenuti dalla medesima carica interiore, dalla medesima padronanza tecnica, dal medesimo gusto espressivo.
- Da LA NOTTE di Milano - G. C.


Alquati è dichiaratamente un intellettuale con una certa vocazione (o posa?) cerebralista: uno che soffoca i sentimenti forse per errore del sentimentalismo che, per i temperamenti orgogliosi, è sinonimo di debolezza e, per gli artisti, di scipitezza. Tuttavia il suo represso lirismo riesce a sfondare qua e là: dove il pittore ha magari creduto di raggiungere qualche impettita razionalità, ha trovato invece uno smagliante sorriso di poesia. Non sono molte però le opere la nota poetico-sentimentale è percepibile a colpo d'occhio: due quadretti con delle gondole appaiate la cui essenziale sagomatura è subito toccante; qualche tela con dei fiori nei quali una pennellata veloce sembra una strizzatina d'occhio. Ma osservando e ragionando si potrà rinvenire la venatura patetica anche in molte altre opere che sembrano concepite da un freddo ragionatore ed eseguite con meticolosità da orologiaio. Alquati è un pittore colto, aggiornato, che sa vivere senza assumere atteggiamenti da drago, in un ambiente terribilmente sofisticato, saturo di falsità, difendendo le sue serie intenzioni, la sua genuina vocazione all'arte per l'arte o, in ultima analisi, il proprio modo di pensare. Franco Alquati è uno dei più interessanti pittori del tempo. La sua poesia è tutta vibrata nello spazio. Il suo spazio appartiene ad un mondo le cui dimensione sono a coppie surreali: altezza-cielo, larghezza-colore, tempo-dubbio.
- Da LA PROVINCIA di Como - Redazionale.

Disegni dalla costruzione precisa ed accurata, vaste tele con visioni dispiegate e ricche di colore. Nei lavori di F. Alquati, artista del mestiere solido e uomo ricco di sensibilità, freme un'ansia di vita. Egli insegue immagini del mondo per trasferirle, attraverso un processo d'invenzione, nella sfera di un'armonia compatta, dove figure ed aspetti trovano, in una pienezza di vita, la giustificazione del loro esistere. Alquati ha davanti a sé lo spirito di una pittura nostra, italiana, in una presenza di suggestioni che da De Chirico e Carrà lo hanno portato verso il mondo di S.Fiume (suo amico personale), maestro e artista di forza, dal largo respiro vitalistico, dall'inafferrabile carica creativa e costruttiva. Questi incontro con le fonti di una importante cultura artistica e caratteristica ha dato ad Alquati non il pretesto per un'imitazione, ma stimoli per la rivelazione del proprio mondo, per ascoltare meglio se stesso e dare una misura al proprio impulso di artista. Alquati ama il far grande e le ampie composizioni: sfrutta così la sua abilità per le figure costruite, per il rigore espressivo, la sua capacità di dare forma al corpo negli spazi prospettici, di scandire composte architetture secondo le regole del disegno, dell'armoniosa fusione dei colori. Ama inventare paesaggi come sospesi tra realtà e sogno, accenderli di vivi colori che cantano, elettrici direi. Le sue figure sono sempre composte con equilibrio espressivo e morale. Alquati non accetta la deformazione in chiave tragica e cerebrale. Si sente nelle opere del pittore una fede. Una fede nella vita e nell'uomo e volontà di credere ancora nell'ordine, nella bellezza, di intessere con gli esseri umani e le cose un colloquio amoroso.
- Da LA PROVINCIA di Cremona - Mario Ghilardi.

Franco Alquati si impone con i suoi paesaggi veneziani esprimenti un ben costruito realismo moderno, in cui l'impressione diviene espressione artistica attraverso un geniale studio del colore e della forma.
- Da LA VOCE DI LECCO - Carmine Mecca.

Franco Alquati presenta disegni di squisita fattura, dove la pur evidente abilità grafica non soffoca la freschezza dell'invenzione, nè attenua il rigore dello schema compositivo: stile, quindi, e felicità di espressione piuttosto che virtuosismo.
- Da IL RESEGONE di Lecco - Etimo.

Alle prese con la tavolozza F. Alquati lascia subito intuire che in lui si muove l'anima parallela del grafico di buon sangue. Viene dall'aristocrazia dell'espressione figurativa, e si vede. Lo si capisce la pulitezza e dal vigore del disegno, dall'equilibrio della composizione, dal gusto dell'impaginazione. I colori forti, addirittura violenti, con i loro tagli netti, quasi assumono una funzione di complemento, di accessorio, nell'armonia dell'immagine: un accessorio tuttavia non disturba mai, perchè il pittore dimostra di possedere molto "senso" del colore. E lo sa usare. F. Alquati ha indubbiamente mestiere, ma non è un mestierante; se mai mi è parso di cogliere in lui un fondo di ingenuità, un candore che lo accomuna spiritualmente al padre, al suo sentimento impregnato del profumo della poesia: l'uno poeta con la penna, l'altro con il pennello. E se poeta è, come lo è, Franco Alquati non può essere incasellato in questa o quella tendenza, in questa o quella scuola; non gli si possono attribuire "tormenti" della ricerca, che poi sono tutte storie, o tensioni di sperimentazione. Alquati dipinge o disegna come l'estro gli detta ogni volta, per il bisogno di raccontare quello che ha dentro, senza adeguarsi alle "mode" correnti, o subirle. Introverso e timido, forse, ma nel suo mondo poetico F. Alquati si muove con entusiasmo immutato, da lustri, come nei tempi dei primi disegni a matita della prima fanciullezza. Rincorre i suoi sogni e le sue fantasticherie ancora oggi con quella stessa gioia infantile: ne fa parte con semplicità a tutti. Alquati ha ancora qualcosa da dire al di fuori degli schemi tradizionali e conferma l'impressione di un impegno continuo ed una marcata attenzione agli sviluppi grafici futuri.
- Da L'ORDINE di Como - D. Brivio.

Franco Alquati è nato a Cremona. Lecco è dunque per lui una città d'adozione ed è il paesaggio lecchese così colmo e ricco di speciosità e suggestioni letterarie quello in cui maturò al senso di un'estetica naturalistica, al senso cioè dell'ambiente come oggetto di elaborazione d'arte. Intelligente e colto quel rischio d'indulgere a dilettantismi paesaggistico Alquati non l'ha mai sfiorato. Si potrebbe dire che la sua pittura nasce, più che in funzione di un'oggettività esteriore qualsiasi, in funzione invece di molteplici ed attuali stati d'animo: una pittura squisitamente sua, intima. Non tragga in inganno l'atteggiamento che gli è abituale nei suoi rapporti quotidiani con amici o chiunque lo avvicini. Allegro, con gli occhi sempre carichi, dietro le lenti, di vivide espressioni di ironia scanzonata, pronto alla battuta,la fantasia brillante di scatti improvvisi e felicissimi nell'accostare immagini strampalate; tutto ciò potrebbe indurre a definirlo in un certo modo, a comporre un ritratto ideale che in effetti non corrisponde alla sua più antica personalità, null'affatto semplice nè facilmente definibile. Una natura complessa, la sua, e se ne ha la prova con i suoi quadri, indicatori d'una sensibilità raffinata. E non serve, ai nostri fini, richiamare per lui influssi e comparazioni, nè accostarlo a tendenze pittoriche che ci sono contemporanee. A noi interessa cogliere, in notazioni anche fugaci, qualcosa della sua pittura, che ci riconduca alla genesi di essa, qualcosa della sua intima significazione. Un'impressione cospicua, che dura e insiste lungo tutto l'itinerario della sua pittura, fin dagli inizi, è un vivo e fondamentale senso di irrequietudine che si può fare anche sofferenza e spasimo. D'altra parte l'abilità formale è pari ai motivi ispiratori, ai sentimenti che l'artista esprime nel dialogo con la realtà, con le persone, le cose, gli ambiente. Franco Alquati traduce sulla tela una forte carica emotiva, vivace e sempre nuova, non solo nei temi e nelle composizioni, ma anche nella scelta dei mezzi e nelle varietà grafiche. I soggetti, nell'espressione propria dell'artista e nel gioco di linee e contorni, sono affrontati con tecniche diverse, costruttive di un discorso consequenziale molto incisivo. A volte bizzarri, a volte favolosi, sempre intensamente saturi di motivi sfuggiti ad un primo frettoloso passaggio, gli interpreti della commedia-dramma che Alquati rappresenta, sono lo specchio obiettivo e crudele dell'ambiente sociale che ci circonda, che viviamo ogni giorno; sono gli attori di una farsa che recitiamo al presente con un testo che non cerchiamo di cambiare e che ci porta all'inevitabile conclusione finale dell'uomo-macchina. L'uomo costretto dall'insicurezza, dall'arrivismo, dall'assenza di religiosità dal conformismo; l'uomo privato delle sue migliori forze interiori, soffocate dai nuovi idoli. Non è un discorso ottimista, certo: ma mi par di capire che F. Alquati lo affronti non con la proverbiale lucidità professionale e la dura logica di un chirurgo, ma con sofferta e accanita partecipazione.
- Da PROFILI di ARTISTI LECCHESI- Carlo del Teglio.

Alquati traccia il segno di una sentita volontà umana di equilibrio e di ordine morale straordinari. Senza concedere nulla alla moda Alquati dà tutto all'introspezione decantata da una sensibilità culturale sgombra da remore di facile acquisizione o da formalismo d'accatto. Alquati è collocabile sicuramente nel gruppo dei maestri contemporanei italiani soprattutto per quel patito iter professionale che gli ha concesso la conquista, pagando il prezzo più alto.
- Dal catalogo mostra di Grandate.

Franco Alquati, pittore sconcertante. Eterogenea la sua produzione, disparati i mezzi d'espressione, la sua opera che si va esternando principalmente in chine ed oli con elaborato uso di linee e tratti da un alto, con pochi e schematici e pur significativi segni dall'altro. Dicevamo pittore sconcertante ed è vero se esaminiamo alcune sue opere prese a caso, le une discoste dalle altre. Alquati dà la nettissima impressione d'aver trovato due o tre filoni e di essere in dubbio (o di non aver alcun dubbio di seguirli tutti) sulla scelta che, secondo logica, dovrebbe operare. Il perché è facilmente intuibile. L'uno vale l'altro, nel senso che nelle chine è la tecnica a farla da padrona, negli oli è il racconto, coloristicamente significativo e graficamente essenziale, che tiene legato l'osservatore.
- Da L'ECO DELLE VALLI - Sondrio.



Articoli Notiziari e citazioni su queste testate:

LA NAZIONE - Firenze, IL CORRIERE DELLA PROVINCIA di Como, LA PROVINCIA di Cremona, GLAUCO di Novara, PAGINE DI VITA LECCHESE di Lecco, SECOLO XIX di Genova, LA VOCE DI LECCO, L'ECO DELLE VALLI di Sondrio, LA ROCCA di Assisi, ADESSO di Modena, CORRIERE DELLA RIVIERA di S.Remo, L'UNITA' di Milano, IL GIORNALE DI LECCO, SOCIALITA' CRISTIANA di Bergamo, L'ORDINE di Como, IL RESEGONE di Lecco, L'AVVENIRE di Lecco, KURSAAL di Firenze, LA PROVINCIA di Como, VITA CATTOLICA di Cremona, ARTE CONTEMPORANEA di Roma, MOTIVI per la difesa della cultura di Cremona, ORA di Busto Arsizio, IL GAZZETTINO PADANO Rai Milano, LA RIVISTA di Lecco ed altre.

~Torna a IDENTIKART~



Ritorna alla pagina principale