I
Non so cosa più m'appaghi
in questo dolce morire;
se il fuggire per un inquietante nonnulla
o gioire dell'ora, rubata
al quadrante del giorno;
abbandonarmi al sogno
e sprofondare nel bruciante battito
del cuore, spalancato...
oppur morire
nello struggente silenzio
d'una estrema indicibile malinconia.
II
Sottili lame di sole
tagliano i veli del tramonto
e vorrei morire adesso che un corso d'acqua sonnolente,
mi riporta alle lagune.
Gesti e futili parole
si consumano, piano,
sul filo del tempo.
La città lontana,
muore soffocata
da bambagie sporche di fumo.
III
Per il rosso
datemi una spada.
Nero d'avorio
e grigio pietrificato
per il tramonto.
Un martello per il bruno,
pestato nelle sonanti conche di bronzo.
Poi,
liberate il verde squillante del ramarro
tra l'erba bassa delle brughiere
finche' sprigionerò i gialli del sole
contro l'azzurro del cielo.
Ma domani,
datemi pace,
come bianco di tela nuova.
IV
Fate silenzio, voi,
che m'abbandonate all'incauta
progressione delle ore
e lasciatemi cantare
l'allucinogena follia, di questo giorno.
Domani, sul palcoscenico d'azzurro chiaro
correrà il tragico palio dei voli metallici.
La profanazione
degli scappamenti aperti, ferirà le immagini spirituali
col fumo neo, dei gas
alchemico sangue già coagulato
impietrirà le vene d'Adamo.
Domani, sarà come oggi,
identico a ieri?
V
Fumi grigi, come le lingue di sabbia bagnata,
offuscano l'occidente.
Flauti, nella penombra,
portano la voce,
a spegnersi, dolente,
verso i canali vuoti, dietro le rimesse.
Domani,
sentirò di nuovo
il rumore ferrigno dei treni che portano lontano.
L'ascolterò svanire
e mi sentirò stanco
e pieno di rimpianti.
Pulviscoli di sole
strappano veli di tramonto.
E vorrei morire, adesso
che un liquido corso d'acqua sonnolente,
consuma i futili gesti
del mio tempo ormai trascorso.
Angoscia
Che importa la mia voce
nei loculi ciechi
di gente che dorme
all'angolo stanco del braccio
il suo sonno di pietra?
Di sera
Sul pennone dell'inquietudine
sale il calore del tramonto.
Lontani, stalloni bianchi
sostano al piede dei monti blu.
E ricordo ancora le luci opaline
sulla dura faccia delle pietre
e la marea bruna delle zolle
contro l'ocra d'erbe bruciate.
Poi,dolcemente,
copro d'un misterioso velo
la bianca tela del giorno
per non turbarne
il conquistato silenzio
Il mendico
Ho fatto una catasta
di minuti d'angoscia.
Me li son messi in bilico
sull'anima. Una torre
alta, malinconica e strana.
E' bella questa costruzione
da guardare.
Perchè non venite a vedere
questa enorme torre
sul piattino
della mia anima stanca ?
Ho costruito un mastio
di ore patite.
Me le son messe in bilico
sull'anima. Un castello
grande, silenzioso e triste.
E' misterioso, da guardare,
è bello.
Perchè non volete
dare un soldino di bene
all'omino che tiene
questo grande dolore
sul rotto piattino
della sua
anima infranta ?
Omaggio a de Chirico
Piazze d'Italia
Incaute, sfuggon le ore
della faccia piatta dei quadranti.
Gocce vischiose di nebbia,
s'aggrumano sul naso dei giganti
nel centro delle pazze.
Uomini, piccole formiche,
aggirano i fanali
per non sentirsi
soli.
Questa sera
Le finestre delle case in alto,
son ceramiche azzurre senza senso.
Adamo rincorre una bugia
sventolando bandiere disperate.
Credo che non ci sia nulla da fare,
se dai ventricoli tumefatti della città
sputano tristezza
i camini senza fine.
Malinconia ?
In fondo
ho ancora voglia di ridere.
Vecchio Po
Vecchio Po,
fiume lontano della memoria,
dove gorghi limacciosi
imputridivano canneti
e le barche
tumefatte di rena cancerosa,
dormivano supine.
Stanco fiume
di mio padre coi capelli a spazzola
e la mano stretta alla mia.
Ingialliti,
ridicolmente piccoli,
sulla riva deserta,
accartocciati dal tempo di carta.
Noi due, sul fiume penoso d'una vita immota,
insieme,
perduti nel sogno
d'irraggiungibili pioppi
sfocati dal tramonto.
Ma il silenzio s'è fatto di canto
La neve bagnata,sotto i piedi,
scandisce la risacca dei passi brevi.
Galleggia il cofano di rose,
nel mare dei nostri cieli deserti.
Tutte le palpebre
son come arse brughiere
fiorite d'amari cristalli.
Gli occhi,
balconi di lacrime spezzate.
Ma il silenzio s'è fatto di canto
e il canto è di preghiera.
Ed ora so,fino a quando
potrò seguire
il sorriso della tua morte...Ghita!
Ore di notte
Incaute,
sfuggono dalla faccia piatta dei quadranti
illuminati,
a notte.
Gocce viscose,
s'aggrumano sul naso dei giganti
a cavallo,
nelle piazze.
Uomini, piccole formiche,
aggirano fanali
per non sentirsi soli.
Notturno
Forbici di vento
ritagliano sul muro
profili d'edera nuova.
La lunga via lattea dei cieli urbani
è tutta di lacrime rosse.
Sottili parole
sussurrate nell'orecchio
inventano bugie
di nuovi desideri
Dies irae
Come un a fiamma d'oro
brucerà fino all'ultimo,
questo mattino.
Soffieranno venti
nelle trombe d'allarme
e i rimorsi
saranno gli inutili alfieri
nel giorno dell'ira.
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